L’ultimo grido
nella valle

L’Adele si aggirava nervosamente per la casa, che mai le era parsa tanto grande, affacciandosi sovente alle finestre o soffermandosi sull’uscio du­rante il governo degli animali a guardare verso Pietrapazza.

Da Cà di Pasquino, già in ombra, riusciva a vedere – lassù sotto l’alpe, alla radice del Càrpano, dove valle e fiume insieme nascono e si conformano – emergere dalle ombre d’un tramonto calmo che tagliava obliquamente il paesaggio, solo la cima tozza del campanile di Sant’Eufemia, ancora a solatìo come il ceppo di case di Cà dei Conti.

anni-30 – Cà di Pasquino e il mulino

Famiglia Milanesi – Cà di Pasquino

Suo fratello non aveva mai tardato tanto, soprattutto da quando all’intorno se ne erano andati tutti. Bagno era lontano, ma Maurizio aveva buona gamba, e forse poteva essere già a Ridolmo o addirittura alla Casaccia : non avrebbe tardato tanto allora…

Ma era notte quasi, ed inoltre, lungo la strada, non avrebbe trovato più il conforto di case un tempo fervide – a quest’ora – nell’apprestarsi alla cena. Come avrebbe fatto poi nel buio a superare le insidie della strada irta di sassi e del galestro che tradisce il piede?

Guardò con una fitta al cuore verso le vicine sagome di Ca’ dei Maestri e Ca’ di Giorgio che si profilavano salde, più nere della notte che risaliva veloce dal quieto scorrere del Bidente: non le abitava più nessuno, come nessuno abitava più Abetaccia, Rignone, San Giavolo, Ca’ dei Conti, Ca’ di Michelone… Tutti se ne erano andati. Tutti.

Fino a qualche anno prima – un tempo che le sembrava incommensurabile – su quel tratto del Bidente Piccolo e su quei poggi che vi dirupano, nelle molte case dalla giusta proporzione toscana che si confondevano con la pietra e ne avevano la struttura, abitavano anime più numerose dei sassi della Mulattiera del Bidente, stretta e guizzante come una biscia.

Festa a Cà di Pasquino con frati di Camaldoli

Processione a Pietrapazza

1950 circa la gente di Pietrapazza davanti alla chiesa

Alla Festa venivano dal Poggio, da Casanova, da Ridracoli e financo dalla Seghettina e Badia. C’era sempre il carretto del­l’Occhion di Santa Sofia carico di lupini, carrube, caramelle d’orzo gialle e rosse. Immancabile era pure Saina: superata la diffidenza verso lo schioppo che sembrava un rondello, i giovani si accanivano a lungo attorno al suo tiro a segno. Una vota addirittura vennero su un barroccio strani tipi che facevano ballare un orso legato alla catena: lo raccontava suo padre nelle lunghe veglie…

Sorrise un attimo… La distrasse il silenzio profondo.

 

Racconto preso dal libro

La gente di Pietrapazza

Il libro “La gente di Pietrapazza” è disponibile nello store online di Monti Editore di cui vi lasciamo il link e siete interessati.
Autori: Claudio Bignami, Alessio Boattini
Anno: 2018

Articolo a cura di

Giuliano Marcuccini

Ex bibliotecario del Cumune di Bagno di Romagna, ora in pensione, è attento ricercatore di storia locale. Suo il suo contributo in moltissimi volumi storici del territorio, fa parte della redazione di Alpe Appennina.

Facendo base a Trappisa, nella limitrofa parrocchia di Strabatenza, è possibile, tramite un bel percorso ad anello, raggiungere Pietrapazza e rientrare.