LUOGHI, MICROSTORIE

Quando la Storia passò dalla Seghettina

È venerdì 7 febbraio e sono a Forlì, nella hall di un albergo, in attesa di Claudio Martelli che verrà a presentare il suo libro “Ricordati di vivere”. Arrivano, da ogni parte della Romagna, vecchi amici con cui si era condivisa una stagione politica entusiasmante prima e drammatica poi. È un turbinare di saluti e abbracci, a volte dopo l’imbarazzo di non essere riusciti a riconoscersi subito. La gente cambia col tempo, e non sono pochi gli anni trascorsi.

Entra Ennio Bonali, scrittore e storico di valore, stringe forte le mie braccia fra le sue mani e, fra il suo grande sorriso, mi chiede: “Hai letto quello che ti ho spedito?”

Quello che mi ha spedito è un libro, edito dalla Società di Studi Romagnoli, intitolato “Popolazioni, prigionieri in fuga, movimento partigiano in Romagna”, che ha scritto assieme a Oscar Bandini e Renato Lombardi. Il volume, forte di nuova documentazione e rinnovate riflessioni, rivisita i momenti della lotta partigiana sul nostro Appennino, dedicando molto spazio alla trafila organizzata per porre in salvo i “generali inglesi”.

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Settembre 1943. I generali riuniti alla Seghettina, frazione di Bagno di Romagna.

  1. Giovanni Rossi, capofamiglia della casa che li ospitò
  2. Thomas Daniel, Conte di Ranfurly
  3. Brigadier J. Combe, Tonino Spazzoli (repubblicano a capo di una vasta rete clandestina, catturato dai tedeschi, catturato dai tedeschi verrà torturato per giorni prima di essere fucilato)
  4. Lieutentant-general Philip Neame
  5. Bruno Vailati
  6. Brigadier E.J. Todhunter
  7. Torquato Nanni (sindaco socialista di Santa Sofia, verrà ucciso dai partigiani insieme all’amico Leandro Arpinati, ex-gerarca fascista avvicinatosi alla Resistenza)
  8. General Sir Richard O’ Connor
  9. Air-marshal Owen Tudor Boyd.

(foto gentilmente concessa dal figlio di Torquato Nanni per il libro La Romagna e i Generali inglesi, ed. Franco Angeli, 1982).

La storia è conosciuta nei suoi tratti fondamentali: dopo l’8 settembre 1943 e l’armistizio, furono liberati tutti i prigionieri alleati che erano detenuti in prigioni e campi di concentramento italiani. Alcuni cercarono rifugio dove potevano, altri si diressero verso la Svizzera, altri ancora cercarono di raggiungere l’Italia centro-meridionale che nel frattempo era stata liberata. Dalla fortezza di Vincigliata, nei pressi di Fiesole, uscirono 36 alti ufficiali britannici. Salirono su un treno diretto a sud, ma ad Arezzo furono avvertiti che li attendeva un posto di blocco tedesco. Allora scesero e 15 di loro presero la via dei monti. Cercarono rifugio presso l’eremo di Camaldoli, dove arrivarono il 10 settembre.

Il priore Buffadini, originario di San Piero in Bagno, organizzò il loro trasferimento verso un luogo sperduto del versante romagnolo, fra la foresta della Lama e Ridracoli: la Seghettina. Qui gli ufficiali inglesi vissero mesi, a contatto coi partigiani e le popolazioni residenti, finchè non fu possibile attuare l’elaborato e rischioso piano del loro viaggio verso l’Italia liberata.

La Seghettina è una località appartenente al comune di Bagno di Romagna. Claudio Bignami, nel suo “Il popolo di Ridracoli” ne ricorda la storia fin dal 1500, quando era proprietà dell’Opera del Duomo di Firenze. Nel 1910 vi abitavano 33 persone. Nel 1946 vi fu istituita una scuola elementare pluriclasse, attiva fino ai primi anni ’60. Oggi il luogo si ritrova nei pressi della sponda sinistra del lago di Ridracoli. Sul muro di un rudere vi è una lapide, collocata dalla Provincia di Forlì nel 1984, che ricorda la permanenza degli ufficiali britannici.

La Seghettina agosto ’43

Tornando a loro, il 14 settembre 1943 il monaco camaldolese Leone Checcacci li guidò fino alla Seghettina. Poi, seguendo le direttive del priore, proseguì fino al paese di S. Sofia, dove cercò l’avvocato Torquato Nanni, per informarlo e chiedere il suo aiuto. Singolare il fatto che gli ecclesiastici si rivolgessero al leader locale delle forze più laiche e anticlericali. Forse, però, anche comprensibile, pensando alla solidità democratica e antifascista, alle doti morali e all’ingegno del personaggio. A San Piero alcuni lo ricordano ancora. Lo chiamavano l’avvocato dei poveri. Arrivava sulla piazza principale il mercoledì, giorno di mercato, e il suo ufficio era fatto di uno sgabello e un tavolino sotto le logge. I suoi clienti erano quelli che non potevano permettersi di pagare l’avvocato.

Manifesto su rievocazione storica del 1984 trovato a Trappisa.

Nanni salì alla Seghettina. Fra gli ufficiali inglesi vi erano personaggi di straordinaria importanza. Philip Neame aveva 55 anni. Nella prima guerra mondiale, sul fronte francese, con ripetuti atti di eroismo, aveva guadagnato la Victoria Cross, l’investitura a Sir e l’Ordine dell’Impero Britannico. Nel 1924 aveva vinto la medaglia d’oro nel tiro a segno alle Olimpiadi di Parigi. Nel 1941, generale comandante delle forze inglesi in Cirenaica, era stato catturato da Rommel. Sir Richard Nugent O’Connor aveva 54 anni ed era anch’egli generale. Aveva comandato la Western Desert Force (tutte le forze mobili britanniche in Africa settentrionale) che aveva annientato il corpo di spedizione italiano. C’erano poi i generali Combe, Todhunter, il maresciallo dell’aria Boyd e altri. Da lì cominciò una girandola di personaggi incredibile. Il militare Bruno Vailati, poi agente dell’OSS americano e, nel dopoguerra, regista cinematografico; i fratelli Tonino e Arturo Spazzoli, martiri dell’antifascismo romagnolo. Poi Giusto Tolloy, che sarà ministro negli anni ’60 e Riccardo Fedel, il comandante dell’8° brigata Garibaldi, ucciso da gappisti in circostanze non ancora del tutto chiare. Per arrivare all’ex gerarca fascista Leandro Arpinati, che rivelò agli inglesi notizie riservatissime, che aveva appreso pochi giorni prima da Mussolini in persona, riguardanti le nuove armi e le nuove strategie tedesche. Notizie che furono prontamente trasmesse agli alleati e che probabilmente sono state di fondamentale importanza. Insomma, in quei mesi la Storia con la esse maiuscola decise di vivere alcuni dei suoi episodi focali in quel piccolo lembo di Appennino. Tutto ciò fino a novembre – dicembre, quando i graduati britannici furono trasferiti sulla riviera romagnola e imbarcati, fra difficoltà e pericoli, verso le coste dell’Italia libera.

Invito davvero tutti, a cominciare dai miei concittadini, a leggere il bel volume di Bonali, Bandini e Lombardi. Si tratta di un libro colmo di storie, informazioni, riflessioni estremamente interessanti. Quello che preme agli autori, però, è un qualcosa di particolare e molto giusto. Il saggio di Oscar Bandini, intitolato “L’alto Bidente, un grande corridoio umanitario”, si basa sul materiale recuperato di provenienza ASC (Allied Screening Commission), che riporta i nomi di tutte le persone e le famiglie che accolsero, nascosero, sfamarono, aiutarono in varia maniera non solo i generali inglesi, ma tanti altri militari alleati di varie nazionalità.

Centinaia di persone che, nonostante la miseria in cui vivevano e i terribili rischi che correvano, diedero vita a questo grande corridoio umanitario.

I Rossi della Seghettina

I Milanesi di Culmolle

I Milanesi di Strabatenza

I Pertutti di Trappisa

I Daveti di Ridracoli

I Bartolini di Rio Petroso

I Fabbri di Rio Salso.

Tanti tanti altri. Episodi di umanità, coraggio, eroismo. Anche questa fu Storia con la esse maiuscola. La nostra Storia.

Dove si trova:

Si può raggiungere seguendo i sentieri che partono dalla Lama o da Ridracoli.

Articolo a cura di

Lorenzo Spignoli

Ex sindaco del Comune di Bagno di Romagna Lorenzo è sicuramente un grande appassionato e conoscitore di questi luoghi. È nato e vive a San Piero in Bagno, ha la passione della politica, della lettura e della scrittura.