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Strabatenza
“Strabatenza: poche case scure, tutte simili nell’architettura, vicoli sassosi, una chiesetta, tre famiglie. In questa piccola frazione appenninica, circondata da verdi monti e alla quale si accede tramite una lunga mulattiera eserciterò quest’anno la mia attività di educatrice”.
La maestra Edda Golinucci Lucchi, una ragazza di vent’anni o poco più, proveniente da Cesena, chiamata ad insegnare a Strabatenza nell’anno 1965/66, così lasciò scritto nei registri scolastici di quel periodo.
Era il penultimo anno di vita della scuola, inaugurata qualche anno prima, e le “poche case scure, tutte simili nell’architettura” alle quali fa riferimento la maestra Edda, erano certamente quelle della Villa (di sotto, di mezzo, di sopra), che insieme alla “chiesetta”, costituivano il cuore di Strabatenza.
Inspiegabilmente o più probabilmente per verificare “l’effetto che fa’”, le poche case scure furono fatte saltare nel giugno 1970 dalla dinamite della forestale, pare “per fare la ghiaia necessaria al fondo stradale della nuova pista sterrata, carrozzabile, in costruzione”, scusa risibile, in quanto, a quel punto, gli abitanti non c’erano più.
Rimase la chiesa con la canonica, la scuola, una delle case scure e la “salgheda” o “salgada” che dir si voglia, un breve tratto di mulattiera in salita in salita che caratterizzava il nucleo centrale di Strabatenza.
Al di là di questo episodio che, ancor oggi a distanza di anni, difficilmente può essere giustificato, Strabatenza possiede una piccola storia – simile a quelle di tante povere frazioni di montagna – che sopravvive malgrado tutto e non può essere annientata da nessuna dinamite.
Alcuni episodi, dove la realtà col tempo si è forse mischiata alla fantasia popolare, sono stati certamente argomento di discussioni nelle lunghe veglie che per secoli tennero banco nelle isolate abitazioni di Strabatenza.
La storia ci riferisce di un eremo camaldolese che intorno al X secolo era situato nei pressi delle Cortine e successivamente venne trasferito in un luogo più vicino alla foresta – più selvaggio – all’Eremo Novo di Pietrapazza;
📸 Foto Il Popolo di Strabatenza
poi ci parla del passaggio di San Michele a Canetole – località oggi in abbandono poco distante dal rifugio Trapisa – e del miracolo da lui compiuto la mattina seguente.
E non ci si può neppure dimenticare del castello di Strabatenza – censito almeno dal IX secolo e distrutto dai Ghibellini romagnoli nel 1277 – attorno al quale, la fantasia popolare creò la leggenda del “Vitello d’Oro”, un tesoro celato tra i ruderi del vecchio maniero.
Qualcuno nel corso del tempo ne andò alla ricerca e gli ultimi abitanti della località raccontavano ancora di un abitante di Strabatenza che, intorno al 1850, si vendette due o tre poderi per ripagare le persone che avevano lavorato per conto suo negli scavi.
Il risultato fu che i resti delle poche mura rimaste del castello furono smantellati e del “vitello d’oro” nessuna traccia.
📸 Foto Il Popolo di Strabatenza
📸 Foto di Giordano Zuccherelli e archivio Don Daniele Bosi
Oggi l’area di Strabatenza, contigua al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, riserva molte sorprese e offre infinite opportunità a coloro che amano praticare lo sport all’aperto.
Accanto alla chiesa di San Donato, alle case che negli ultimi anni sono state ristrutturate e ai rifugi dove si può trascorrere qualche giorno in tranquillità è possibile usufruire di un territorio che offre tantissimo: una ricca fauna, mulattiere e sentieri, ruderi di vecchie abitazioni, altri segni lasciati dell’uomo nel corso del tempo e un meraviglioso torrente, dalle acque non inquinate, dove nella buona stagione è possibile prendere dei bagni “come si faceva una volta”.
Facendo base a Trappisa è possibile, tramite un bel percorso ad anello, percorrere il sentiero
del Partigiano Janosik e raggiungere Strabatenza.