Trappisa di Sotto
e il terremoto!

di Alessio Boattini

Il grande terremoto del 10 novembre 1918, col seguito del 29 giugno 1919, lasciò una pesante eredità di lutti e distruzioni in tutta la fascia dell’Appennino Tosco-Romagnolo. Molte case furono del tutto demolite dalle scosse, altre danneggiate al punto tale che se ne rese necessaria la demolizione, altre ancora bisognose di importanti restauri. La zona di Strabatenza fu colpita al pari del territorio circostante: la chiesa parrocchiale di S. Donato, ad esempio, dovette essere completamente ricostruita.

La chiesa di Strabatenza negli anni ’50.

Trappisa di Sotto nel 1826. Il numero 86 indica l’abitazione, il numero 88 indica lo scomparso capanno.

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Il numero 86 indica l’abitazione

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Il numero 88 indica lo scomparso capanno.

Il 15 gennaio 1922 fu visitata la casa colonica: secondo la perizia redatta quel giorno, l’edificio presentava due piani per un totale di 14 vani, «fra cui scantinati, stalle e 2 palchi praticabili». Il corpo principale dell’abitazione misurava in pianta metri 11,80 per 11,25, per un altezza «al piano di gronda» di metri 7,50. L’unito loggiato misurava metri 9,00 per 3,00 con un’altezza di metri 5,00. Si legge nel documento: «il fabbricato, che trovavasi in buone condizioni di stabilità avanti i terremoti […], fu da questi molto gravemente danneggiato, tanto che l’Ufficio Genio Civile di San Piero in Bagno, ordinò al proprietario la demolizione di due muri pericolanti che per essere adiacenti alla strada costituivano un evidente pericolo per l’incolumità dei passanti». Allegati alla perizia erano alcuni schizzi e disegni che mostrano com’erano organizzati gli ambienti della casa al primo piano e danno un’idea della sua apparenza esterna, non troppo diversa da quella attuale.

1922. Schizzo di planimetria dell’abitazione, con alcune indicazioni sugli interventi più urgenti.

1922. Schizzo di assonometria dell’abitazione, con indicazione delle parti maggiormente danneggiate.

Il secondo fabbricato, oggi non più esistente, all’indomani dei terremoti mostrava condizioni più critiche. Si trattava di un «annesso alla casa colonica» che «era adibito avanti i terremoti […] a fienile e capanno». Il 20 gennaio 1922 il tecnico che ne fece la perizia annotò: «I suaccennati terremoti, che ebbero nella zona un carattere di particolare violenza, determinarono il crollo quasi completo del fabbricato in questione». E proseguiva: «Il tetto sprofondò per intero cagionando la caduta dei sottostanti solai, e i muri di considerevole altezza in parte caddero e in parte furono lesionati in modo da rendere impossibile una qualsiasi riparazione. Data poi la natura poco consistente del terreno, cosa che evidentemente ha contribuito a rendere più disastrosi gli effetti del terremoto, non si ritiene consigliabile una ricostruzione del fabbricato sulle vecchie fondamenta, ma bensì in località attigua su terreno solido».

Fece quindi del suo meglio per descrivere l’edificio disastrato nel suo stato primitivo: «Il fabbricato si compone di due corpi di fabbrica distinti […] ognuno dei quali è a n. 2 piani e comprende n. 2 vani. Si hanno quindi complessivamente n. 4 vani. La costruzione è in muratura ordinaria di pietrame e malta di calce comune, con solai di travi e tavole di abete e il tetto composto di travatura pesante, travicelli, intavellato e copertura di lastre di cava». Il corpo principale misurava metri 9,00 per 6,10 ed era alto metri 7,50. Il corpo secondario misurava metri 7,65 per 5,50 ed era alto metri 7,00.

1922. Planimetrie sintetiche dello scomparso capanno, con indicazione della “parte riparata provvisoriamente”.

Articolo a cura di

Alessio Boattini

Ricercatore all’Università di Bologna, dove si occupa principalmente di genetica e genomica di popolazioni umane, con particolare attenzione agli aspetti evoluzionistici ed alla storia del popolamento dell’Europa e del Mediterraneo.