Due ponti due fossi
Un paio di Ponti nella vallata del Bidente di Pietrapazza: alcune informazioni
Questo ponte, noto anche come ponte di Ca’ di Mencaglia, permette l’attraversamento di un piccolo corso d’acqua che, dopo un breve percorso, confluisce nel Bidente nei pressi del cimitero di Pietrapazza. Si trova a poche decine di metri dalla chiesa di Sant’Eufemia, all’inizio della mulattiera che conduce al monte Carpano e al crinale verso l’Eremo Novo.
Nella pubblicazione “La gente di Pietrapazza”, avevamo ipotizzato che il ponte in pietra della Cantinaccia (questo il nome con il quale lo ricordavano gli abitanti del luogo) fosse stato costruito tra la fine del 1800 e i primi anni del Novecento. Invece la sua storia inizia il 15 settembre 1860, quando il tecnico comunale Augusto Becattini propose ai rappresentanti del comune di Bagno di Romagna, la costruzione di un Ponticello di materiale in sostituzione dell’attuale Palancola sul Fosso di Ca’ di Menicaglia nella strada di Pietrapazza colla Spesa di £ 292. Il consiglio comunale due giorni dopo approvava la costruzione del Ponte, ma i lavori non iniziarono immediatamente.
Successivamente, il parroco di Pietrapazza, don Giuseppe Giannelli inviò una lettera, controfirmata da alcuni abitanti locali, ai Gonfalonieri e Priori del Magistrato di Bagno sollecitando la costruzione del Ponte sul Fosso di Ca’ di Mencaglia per essere di massima necessità.
Il 5 agosto 1861 il consiglio comunale decise di dar luogo ai lavori aggiudicando la costruzione… ai Muratori Pasquale e Giuseppe Milanesi di detto Popolo.
In seguito vi furono altri piccoli problemi – peraltro superati velocemente – legati soprattutto all’aumento del prezzo della calcina in quanto non vi è tempo materiale per cuocerla di proprio conto e così doveva essere reperita nelle vicinanze. I lavori comunque iniziarono e Pasquale e Giuseppe Milanesi di Ca’ di Pasquino li conclusero quasi certamente intorno al 1862/63.
Per la costruzione del ponte è interessante dare un’occhiata alle raccomandazioni del tecnico Becattini ai Milanesi riguardo ai materiali e alle tecniche costruttive:
La calcina sarà di buona qualità e cotta di recente ed a sufficenza
La rena del fiume Bidente ben spurgata e scevra da terra
La malta resulterà da 2/5 da rena e 3/5 di calce e sarà fatta giorno per giorno
Il materiale sarà del migliore che somministrano le località e si sceglierà di qualità arenaria e del più resistente.
L’armatura della volta del Ponte sarà fatta con intelligenza e stabilità e si procurerà che venga regolare in tutta la sua circonferenza.
Se tali consigli fossero stati seguiti anche nella costruzione di moderne infrastrutture, tipo la superstrada E45, probabilmente oggi avremmo meno problemi di circolazione.
Circa quindici d’anni dopo la costruzione del ponte di Pietrapazza, nell’agosto del 1877, Sindaco ed Assessori del Comune di Bagno ricevettero una lettera da parte di popolani diversi che richiedevano la costruzione di un ponte in pietra di somma importanza ai viandanti, i quali attualmente quando succedono delle pioggie e delle alluvioni sono impediti nel loro transito essendo tal fosso raccoglitore di molte acque.
Il ponte in questione era quello che si trova sul torrente proveniente da Rio Salso, nei pressi di Ca’ di Veroli. Gli abitanti delle frazioni circostanti erano stanchi di dover attraversare la palancola in legno d’abete, che non resisteva più di tanto all’usura del tempo e delle piogge ed era certamente poco sicura, quindi la richiesta era più che legittima.
Uno dei firmatari, Domenico Bardi proprietario di Ca’ Veroli si disse disposto a mettere gratis il legname per armare detto ponte. La lettera si concludeva con le numerose firme dei richiedenti e con la simpatica minaccia che se la richiesta non fosse andata a buon fine sarebbero stati costretti di ricorrere alle Superiori Autorità della Rocca ( ndr Rocca San Casciano) e di Firenze. Un mese dopo, in data 22 settembre, con un’efficienza da far invidia anche al più sgangherato degli orologiai svizzeri, il Consiglio Comunale di Bagno di Romagna si riunì per deliberare sulla costruzione di un Ponte sul Fosso di Ca’ di Veroli. Il voto fu unanime e tutti i 14 consiglieri comunali alzarono la loro manina a favore del ponte in pietra di Ca’ di Veroli.
È doveroso ricordare che nella richiesta degli abitanti la spesa stimata dagli stessi era di £ 600 (seicento), ma anche in questo caso i consiglieri sboroneggiarono all’unanimità stanziando una spesa non superiore alle £.800 (da dividere nelle annate 1878-79-80) a patto che i possidenti di quelle località provvedino del proprio tutti i materiali occorrenti come avevano in antecedenza promesso (in pratica l’armatura in legno del ponte).
Il ponte sembrava quindi cosa fatta, ma come si sa le promesse dei politici sono parole ‘soffiate nel vento’ come diceva un giovane Bob Dylan. Quindi il 21 aprile del 1880 (3 anni dopo) altra lettera indirizzata al comune e firmata da un numero almeno doppio di residenti a Poggio alla Lastra, Rio Salso, Strabatenza, Pietrapazza, Casanova e Ridracoli. Firmarono tutti, molti con la croce: possidenti, contadini, preti, pigionali, braccianti, boscaioli, garzoni e persino un paio di donne che vorrei ricordare: Caterina Fabbri e Caterina Boscherini. La lettera non era altro che un invito a mantenere gli impegni presi.
Al momento, non ho trovato altri documenti riguardanti la costruzione del ponte di Ca’ di Veroli (e certamente non mi dannerò l’anima nella ricerca), quindi mi affido ad una informazione riportata in un’interessante pubblicazione ‘Ponti della Romagna’ a cura del CAI di Cesena, dove il curatore dei testi, Maurizio Pavan, afferma che finalmente nel 1890 ne fu finanziato il progetto definitivo.